Gonzalo Plays Pino, le radici del mare: Gonzalo Rubalcaba e Pino Daniele, un ritorno a casa

Gonzalo Plays Pino, le radici del mare: Gonzalo Rubalcaba e Pino Daniele, un ritorno a casa

Dicembre 24, 2025 0 Di Agimp

A dieci anni dalla scomparsa di Pino Daniele, non servono monumenti, ma nuovi viaggi. È quello che intraprende (Itinera / TCSette, 2025), un disco che non suona come una commemorazione, ma come una scoperta. Un ritorno alle radici, per entrambi. Perché se da una parte il geniale pianista cubano affonda le dita nell’humus musicale napoletano, dall’altra rivela come quell’humus – fatto di blues, di funk, di malinconia mediterranea e ritmo nero – sia sempre stato, in fondo, casa anche per lui. Un dialogo tra L’Avana e Napoli che non costruisce un ponte ex novo, ma scava e trova le fondamenta comuni già esistenti.
L’intuizione è di Onofrio Piccolo per Itinera, nata al Pomigliano Jazz Festival, e si concretizza in una formazione di lusso che unisce l’eccellenza jazzistica cubana a quella napoletana. Accanto a Rubalcaba, tre volte premio Grammy, stanno pilastri della scena italiana come Daniele Sepe al sax tenore, Aldo Vigorito al contrabbasso, Claudio Romano alla batteria, Giovanni Imparato alle percussioni, Giovanni Francesca alla chitarra e Maria Pia De Vito alla voce. Non è una semplice band di supporto, è un vero collettivo, dove ogni voce riconoscibile tesse un dialogo paritario con le riletture pianistiche del maestro.
Il metodo di Rubalcaba è chiaro fin dalle prime note: non si limita a “jazzificare” una melodia. La traduce. Prende l’anima ritmica e malinconica di Napule è o l’urgenza blues di Chi tene ‘o mare e la filtra attraverso il linguaggio dell’afrocubano, della clave, di un’improvvisazione che è sempre controllata, lirica, mai fine a se stessa. Il risultato è una straordinaria espansione dello spazio emotivo dei brani. Quando diventa una ballata sospesa e universale, Lazzari felici acquista una vitalità ritmica complessa ma sempre danzante, mentre Sicily viene avvicinata all’estetica del jazz modale, in un omaggio ideale a Chick Corea.
La scelta della scaletta è un percorso emozionante. Accanto ai cavalli di battaglia, Rubalcaba esplora territori più intimi come Pace e serenità, o scava nella componente africana e funk di Cumbà e Gesù. Ogni brano è una piccola rivelazione, perché viene illuminato da angolazioni nuove. La sezione ritmica (Vigorito, Romano, Imparato) è una roccia fluida, che garantisce un groove potente e insieme una libertà assoluta al pianoforte. Daniele Sepe irrompe con la sua potenza espressiva, capace di gridare e cantare al sax, regalando un assolo in Chi tene ‘o mare di struggente bellezza. Giovanni Francesca, con la sua chitarra, è il custode dell’originario mood danieliano, mentre Maria Pia De Vito, in alcuni passaggi vocali, incarna quel punto di equilibrio perfetto tra jazz colto e autenticità popolare.
Registrato tra lo studio Elios di Castellammare di Stabia e il 5Passion Records Studio di Miami, e rifinito a San Francisco, il disco ha un suono caldo, profondo, che unisce la fisicità mediterranea alla raffinatezza caraibica. Gonzalo Plays Pino è più di un omaggio: è una dichiarazione di affinità elettiva. Dimostra che la musica di Pino Daniele, così radicata nella sua terra, era già jazz, era già world music, era già universale. Rubalcaba non la prende e la porta via. Ci entra dentro, e da lì, da quelle radici comuni che affondano nel “mare” ritmico ed emotivo che unisce tutti i sud del mondo, fa germogliare qualcosa di nuovo e bellissimo.
Per chi ha amato Pino, è l’occasione di risentirlo con orecchie nuove. Per gli appassionati di jazz, è una masterclass di come si possa onorare una tradizione popolare reinventandola, senza tradirla. Un disco necessario, che chiude un cerchio e, nel farlo, ne apre mille altri.

Francesco Spadafora

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